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Fermi tutti, parla Goggia: "I primi 20 giorni sono stati terribili, potrei tornare sugli sci anche entro luglio"

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Sci Alpinol'intervista

Fermi tutti, parla Goggia: "I primi 20 giorni sono stati terribili, potrei tornare sugli sci anche entro luglio"

A 45 giorni dall'infortunio alla gamba destra, la fuoriclasse bergamasca ha raccontato per la prima volta il suo recupero: "E' stata una frattura molto grave, questa volta è stata durissima. Entro i 3 mesi l'osso si salderà completamente, poi potremo ragionare su tempi precisi ma ora sono fiduciosa di tornare pienamente". E su quanto accaduto a Bassino, Sofia racconta che...

Un dolore immenso, sul piano emotivo e fisico, una mazzata come mai prima in carriera.

Sofia Goggia, in 30 minuti di incontro con i media (c'eravamo anche noi di NEVEITALIA assieme ai colleghi dei più importanti quotidiani italiani), ha parlato per la prima volta a 45 giorni dal terribile crac al pilone tibiale della gamba destra, rimediato in un allenamento di gigante a Ponte di Legno, sulla pista “Casola nera”.

Una Sofia che dovrà guardare alla tv la discesa delle finali di Saalbach, sabato mattina, senza poter lottare per la quinta sfera di cristallo nella disciplina regina, lei che comandava con buon margine (e ora è comunque seconda a 19 pt da Gut-Behrami e potrebbe salire sul podio finale) prima del crac dello scorso 5 febbraio, arrivato pochi giorni dopo la splendida top five di Kronplatz, in gigante, specialità nella quale era tornata ad altissimi livelli.

Ho voluto aspettare a fare questa conferenza dopo gli esami di controllo dello scorso fine settimana – ha spiegato subito la campionessa olimpica di discesa – In passato mi sono rotta tante ossa, mai però in maniera così complicata: il pilone tibiale era rotto trasversalmente e in più parti, un trauma da compressione e torsione fortissima. Essendo la parte più bassa, a ridosso della caviglia, le premesse dell'intervento erano molto complicate.

Riuscire a ricostruire l'osso era già un'impresa per i dottori, l'intervento però è riuscito perfettamente anche oltre le aspettative dei dottori Accetta e Panzeri. E' quindi un ottimo punto di partenza per un buon recupero, ma è molto importante andare con calma visti i vari frammenti, l'osso deve consolidarsi con una piastra ma è stato fatto un gran lavoro. I miei primi venti giorni post infortunio sono stati terribili: ho avvertito una morte emotiva, ma anche sul piano del dolore fisico sono stata malissimo, non ho dormito per varie notti. Una sofferenza vera, anche se fin dal primo giorno post operazione ho cominciato le terapie”.

La campionessa azzurra ha raccontato la dinamica della caduta e “di aver capito subito quanto successo. Mentre stavo ancora strisciando sulla neve prima di fermarmi, sapevo esattamente che la mia tibia si era rotta in quella maniera. Sono riuscita ad arrivare a Milano senza antidolorifico, quasi mi sono tolta lo scarpone da sola”.

Sugli infortuni in stagione: “Bisogna scindere quelli causati da errori tecnici rispetto a quelli provocati da condizioni non buone che mettono in pericolo l'atleta. E' stata chiaramente un'annata massacrante, con tanti campioni che si sono fatti male anche più di me, ognuno però deve fare una sua analisi. Io mi alzavo la mattina e speravo arrivasse la sera presto, dal dolore che provavo, fortunatamente ho un percorso universitario che mi sta impegnando molto, ho dato un paio di esami e ne ho in programma altri, quindi cerco di alternare questo al lavoro di fisio, piscina, palestra e quant'altro”.

Inizialmente mi avevo dato 6 mesi per un ritorno sugli sci – ha raccontato ancora Goggia a precisa domanda sui tempi di recupero – Dopo i 3 mesi (ad inizio maggio) per il consolidamento dell'osso, potrò pensare di andare in pista anche un po' prima, ma dipenderà come e quanto il callo si formerà. Fossi pronta a giugno anziché a luglio, non sarà tassativo aspettare oltre, ma è ancora presto per parlarne. A breve mi vedrò con il team per programmare anche questo, di sicuro il gigante lo farò ancora gestendolo come in questa stagione, ovvero nel caso saltando qualche tappa come in occasione della gara di Jasna”.

Tornando sull'infortunio: “So bene che ci sono drammi peggiori al mondo, tanto che sull'elicottero direzione Milano pensavo “di cosa stiamo parlando, non sono mica sotto le bombe di Gaza”. E' chiaro che per un atleta non c'è nulla però di più difficile di dover affrontare un nuovo infortunio, per me è stata la settima operazione. Tornerò anche questa volta, ho detto tramite la FISI nelle ore post infortunio, ma in realtà non lo pensavo davvero in quel momento perchè stavolta è stata durissima. Poi è cominciato il lavoro di recupero, ho ritrovato la mia indipendenza dopo che mi risultava difficile anche solo fare il caffé e portarlo dalla cucina al tavolo. Ora penso al quotidiano, anche se abbiamo fatto macro programmazioni con obiettivi scanditi dai tempi di guarigione.

Sì, questa volta è stato più difficile come infortunio perchè se ti fai male in gara, a 140 km/h a Lake Louise quando sei al limite, lo accetti di più. Quando invece sta andando tutto bene, hai appena fatto il week-end italiano e ti sei riposati, facendo poi un paio di giorni di allenamento tutto sommato tranquillo, beh diventa complicato accettarlo.

Pensavo di avere fatto tutto bene, anche le scelte migliori sul piano della logistica per ridurre l'incidenza di questi avvenimenti. E invece mi sono ritrovata ancora lì, su un letto di ospedale nonostante i miei sforzi perchè tutto andasse per il verso giusto. Voglio fare anche una considerazione: sono rimasta scioccata domenica quando ho visto il volo di Marta Bassino in gigante, ha avuto una dinamica molto simile alla mia, sono stata male perchè mi ha aperto il flash su ciò che mi era successo.

Nel mio caso si è staccato lo sci, a lei ha fatto pure la chiusura sul ginocchio, ma non si è fatta niente. Se io avessi fatto quel volo, con quella torsione, penso mi sarebbero saltate sia la tibia che il ginocchio. Ci sono certe cose che accadono a determinati atleti, vuoi per la conformazione fisica, vuoi per mille altre variabili”.

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