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L'Italia del biathlon dalle Alpi alle Ande: il racconto della spedizione dell'Esercito a Portillo

L'Italia del biathlon dalle Alpi alle Ande: il racconto della spedizione dell'Esercito a Portillo
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L'Italia del biathlon dalle Alpi alle Ande: il racconto della spedizione dell'Esercito a Portillo

Il primo agosto Thierry Chenal, Thomas Bormolini e René Laurent Vuillermoz -  accompagnati dal capo spedizione Marco Jerusel - sono volati letteralmente dalle Alpi alle Ande per raggiungere il Cile e partecipare al XV campionato internazionale di sci di sport militari dove gli azzurri hanno raccolto 6 medaglie e soprattutto, come tengono a specificare, “ci siamo arricchiti dal punto di vista umano”.

[Nella foto, da sinistra verso destra: Thierry Chenal, René Laurent Vuillermoz, Thomas Bormolini e il sergente maggiore Marco Jerusel]

La manifestazione si è tenuta nella Escuela Militar de Montaña di Portillo a un’altitudine analoga a quella del Passo dello Stelvio (oltre 2.700 metri) e la spedizione azzurra, interamente finanziata dallo Stato maggiore dell’Esercito, è ormai diventata una tradizione nel rispetto del legame d’amicizia che da oltre 60 anni lega l’esercito italiano a quello cileno.

René Laurent Vuillermoz ha voluto spiegare la genesi della sinergia tra i due eserciti: “Nella nostra cultura popolare i monti sono un luogo da esplorare e su cui trascorrere del tempo. Invece in Cile non esiste questa mentalità e anzi la Montagna è considerata un pericolo da evitare. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale l’esercito cileno ebbe la necessità di creare una scuola militare di alta montagna, ma proprio per la cultura del luogo era completamente privo di know-how in materia. Quindi si appoggiò alla Scuola militare alpina di Aosta, la scuola militare alpina per eccellenza. Con il passare degli anni si è creato un legame ancora oggi molto forte”.   

Talmente forte da spingere i rappresentanti del Centro Sportivo Esercito ad affrontare un viaggio di 21 ore da Milano a Santiago del Chile via Parigi, per poi salire a Portillo con le Jeep messe a disposizione dall’esercito cileno. “Sì, ma rispetto al 2012 il trasferimento verso il sito delle gare è stato più corto e decisamente meno avventuroso” - racconta Chenal - “perché quest’anno sono arrivati i soldati con due pickup, hanno caricato le nostre valige trattandoci come dei re e in un’ora siamo saliti. Invece due anni fa ci diedero in dotazione una camionetta scassata, probabilmente risalente alla seconda guerra mondiale, e a raggiungere Portillo impiegammo 4 ore!

Una volta in loco i primi giorni non sono stati semplici perché, spiega sempre il ventiduenne valdostano, “All’inizio la quota si sentiva eccome, con il fiato facevamo un po’ fatica. Inoltre a causa del vento forte non potevamo sparare, quindi ci siamo limitati a sciare. Però ci siamo comunque allenati bene, la pista era in buone condizioni e c’era una palestra dove svolgere gli esercizi necessari. Poi ci siamo abituati all’altura e il vento è calato, quindi siamo rientrati nella normalità”.

Il valore agonistico della manifestazione lascia il tempo che trova e gli italiani, unici europei presenti, hanno avuto gioco facile nel superare argentini, cileni e brasiliani. Chenal ha realizzato il “triplete”, conquistando la medaglia d’oro in tutte e tre le competizioni disputate (individuale, sprint e mass start) mentre Bormolini ha ottenuto tre argenti.

“Sì, triplete. In realtà gliel’ho lasciato fare, e Thierry non lo sa” dice scherzando Thomas “perché nella mass start all’ultimo poligono avevo colpito un bersaglio che non si è chiuso. Però io ho sbagliato nel non fare comunque il giro di penalità quindi ho tagliato per primo il traguardo, ma al mio tempo sono stati tolti i 21” del bersaglio colpito e contemporaneamente aggiunti 2 minuti del giro non fatto”.

Sommando i risultati del 2014 a quelli del 2012, il medagliere di Chenal è di 4 ori, 1 argento e 2 bronzi mentre quello di Bormolini è di 4 argenti. “Lo credo!” esclama il valtellinese “nel 2012 ero la schiappetta del gruppo. Infatti quando a luglio ho saputo di andare in Cile mi sono messo a ridere e mi sono detto ‘Ma porca miseria, davvero l’esercito vuole puntare su di me? Io, che sono stato il più scarso e ho fatto una medaglia su quattro gare?’. Al riguardo devo dire che è stata una fortuna andarci perché ci siamo divertiti, abbiamo fatto un bel gruppo. Ci siamo allenati bene ed è stata un’esperienza da cui siamo usciti arricchiti perché continuiamo a parlarne anche oggi. Abbiamo fatto tante marachelle e legato molto con le altre nazioni”.

Per tutti e tre i rappresentanti italiani è stata la seconda trasferta in Sudamerica ma, se Chenal e Bormolini sono tornati in Cile da atleti dopo 2 anni dalla loro prima partecipazione, Vuillermoz ha invece fatto il suo ritorno in America Latina nel ruolo di tecnico dopo aver gareggiato nell’ormai lontano 1999. La domanda quindi sorge spontanea. Ci tornereste una terza volta?

“Porca miseria! Subito! risponde Thomas. La ragione la racconta Thierry: “non si può credere a quanto sia umile ed educata la gente. Là sono subito pronti ad aiutarti, ti vogliono bene, ti trattano bene, ti fanno capire che sei il benvenuto. Ci siamo ricordati quale dovrebbe essere il modo di rapportarsi con la vita, perché da noi le persone stanno diventando troppo maleducate ed ignoranti”.

La spedizione italiana ha anche vissuto un’esperienza pittoresca durante la visita a Viña del Mar,il più grande porto dell’America Latina sull’Oceano Pacifico, fatta nel giorno di recupero. A raccontarla è Bormolini: “All’ora di pranzo siamo entrati in un ristorante. Hanno portato me, Thierry e Marco da una parte, mentre René è finito da un’altra. Pensavano che non fossimo nello stesso gruppo. Quando Renè ha tentato di raggiungerci abbiamo invece capito che in realtà nella stessa stanza c’erano ben 5 ristoranti in concorrenza tra loro e ognuno di essi era distinto dal colore della tovaglia stesa sul tavolo! Infatti solo allora abbiamo notato sulla parete il nome di ogni ristorante e che c’erano cinque piccole cucine dove preparavano i piatti. Dalla nostra parte c’era coesione, chi gestiva la nostra fila era amico di quella a fianco. Invece si capiva che quello in fondo era in guerra con gli altri”.

Sorge spontanea un’altra domanda. Non è che siete finiti inconsapevolmente nell’edizione cilena di Hell’s Kitchen? “No! Non scherziamo! Era tutto vero! Roba da non credere!”.

Tornando all’aspetto sportivo, René puntualizza che in Cile sono state affrontate tematiche anche in funzione invernale: “Lo abbiamo preso come un test per verificare il lavoro fatto al tiro in questi mesi. Per quanto riguarda Chenal si è confermato il trend dell’inverno di miglioramento a terra, in piedi e nella velocità di esecuzione. Invece Bormolini ha avuto alti e bassi, ma le sue sensazioni sono molto positive. Quindi penso che l’esito sia stato buono e da parte mia c’è soddisfazione

Al termine dell’avventura, il 14 agosto, tutti gli azzurri affermano di essere partiti a malincuore “perché avevamo dentro la classica malinconia che si ha ogni volta in cui si deve salutare qualcuno con cui si è creato un bellissimo rapporto. E perché in Cile abbiamo vissuto un’esperienza rigenerante dal punto di vista umano ”.

 

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